24 giugno 2008

ANNA

Più in là, pensavo. Mi dicevo: aspetta ancora qualche mese, giusto il tempo per fare in modo che le cose si sistemino. Ne sono passati di giorni dall’ultima lettera e non ho scuse se non questa incrollabile e presuntuosa fiducia nei miei mezzi e nella mia buona sorte. Credo di aver esaurito il credito con le stelle , oppure, ma è l’ipotesi peggiore, non riesco a riconoscere il buono che mi accade. A due anni dalla laurea lavoro nello stesso studio a Poggibonsi. Ho superato brillantemente l’esame di abilitazione per architetto, ho uno stipendio molto buono paragonato alla media della situazione italiana. Talvolta indosso l’abito e ho anche diverse cravatte e comincio a sentirmi a mio agio. Spedisco il mio curriculum in tutto il mondo ma ancora non interessa: sono pieni, dicono, di neo-laureati, interessano professionalità specifiche che temo di non poter raggiungere da qui. La realtà ordinaria, spesso misera e inconsistente nella ripetizione forzata delle stesse cose da fare ogni giorno mi stanca. Il piacere della lettura, della visione di un film o di una serie tv ( sono diventato un “serial addicted”, ne dovremo parlare prima o poi perché sono sicuro che la nuova forma di letteratura sia lì) è diventata una frustrante tortura: continuare a immaginare vite, desiderare di viverle sapendo di non poterlo fare, è sfiancante. Forse non ho fatto la scelta giusta scegliendo di diventare architetto. L’architettura è davvero una passione per me e da quando l’ho capito non riesco a vedermi fare altro se non come ripiego. Ora la domanda: in Italia? Giro intorno ai miei propositi. Avevo comprato un biglietto di sola andata via da questo Paese. Sono rimasto perché è arrivato il contratto e ho deciso di darmi ancora tempo qui. Il contratto non è ancora scaduto, ma la mia pazienza è esaurita. Non dovevo scrivere, non avrei dovuto nemmeno pensare queste cose. Mi hanno detto che non so accontentarmi, che devo fare gavetta. E se invece stessi perdendo tempo? E se ricominciare da capo altrove fosse più gratificante che continuare uno slalom improduttivo tra raccomandazioni che non ho, parenti/amici che non possono introdurmi nel giro giusto? E se fosse meno faticoso? Leggo i blog di giovani architetti italiani all’estero e fantastico un bel po’. Ora ti saluto con affetto, sperando di non averti rubato troppo tempo e ricordandoti che ti penso spesso. Federico

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